Se non ti sei mai sentito giudicato, fuori luogo, insoddisfatto, insicuro o “non all’altezza”… beh sappi che ti invidio (e non poco). Se invece, come me, hai queste impressioni un giorno sì e l’altro pure, forse sei nel posto giusto. In questo articolo, infatti, ho deciso di riportare i concetti chiave appresi da una recente lettura, che sta rivoluzionando completamente il mio modo di pensare. Il libro in questione è “Il coraggio di non piacere” di Ichiro Kishimi e Fumitake Koga, del quale consiglio la lettura, in quanto ne sono rimasta piacevolmente sorpresa. Impostato sotto forma di dialogo, descrive il confronto tra un filosofo, che ha aderito alla psicologia adleriana, e un giovane bibliotecario, in piena crisi esistenziale. Il filosofo, rispondendo alle insistenti domande del giovane, illustra la scuola di pensiero fondata dallo psicologo e medico austriaco Richard Adler, presentandola come una psicologia del coraggio. La tua infelicità, infatti, non è imputabile al passato, all’ambiente o alle tue competenze, ma al coraggio. Si potrebbe dire che ti manca il coraggio di essere felice.

IL TRAUMA NON ESISTE
Il trauma non esiste, in quanto nessuna esperienza è di per sé causa del nostro successo o fallimento. Non soffriamo per lo shock delle esperienze passate, bensì per il significato che attribuiamo ad esse. A differenza dell’opinione di Freud (quella ad oggi maggiormente diffusa), secondo la quale le ferite psichiche dell’individuo provocano la sua infelicità presente, Adler sostiene che la vita non è qualcosa che qualcuno ti dà, ma la scegli da solo: sei tu a decidere come vivere. Non nega che l’esperienza di una calamità, di maltrattamenti infantili o incidenti simili influiscano sulla formazione della personalità; tuttavia questi eventi hanno influssi marcati che, in realtà, non determinano nulla.
“Non siamo determinati dalle nostre esperienze, ma il significato che attribuiamo loro è autodeterminante”

PERCHE’ NON TI PIACI
Abbandona l’eziologia freudiana, ossia lo studio della causalità, ed avvicinati alla teleologia, ossia allo studio dello scopo di un fenomeno. In altre parole, non soffermarti sulle cause, ma ricerca gli scopi. Hai paura di diventare un volto cui nessuno fa caso, temi di essere trattato in modo sprezzante oppure di essere rifiutato. Il tuo obiettivo è di non soffrire a causa delle relazioni interpersonali; per questo motivo inizi a notare solo i tuoi difetti, sia nell’aspetto caratteriale che fisico, con lo scopo finale di trovare un pretesto, o meglio, una giustificazione per tutte le circostanze in cui gli altri ti ignoreranno o una relazione interpersonale non andrà come sperato.
“Essere come sei con tutti questi difetti è, per te, una virtù preziosa, una cosa che ti fa comodo”

I PROBLEMI DERIVANO TUTTI DALLE RELAZIONI INTERPERSONALI
Quando si instaurano relazioni interpersonali, è inevitabile soffrire e far soffrire. Queste relazioni causano anche il “senso di inferiorità”, ossia la sensazione di non valere nulla o di valere solo fino a un certo punto. Bisogna però tenere ben a mente che la vita non è una competizione, se non con il proprio sé ideale: è sufficiente andare avanti, senza paragonarsi agli altri. Così il filosofo fa un esempio molto personale, nel quale mi sono ritrovata. Egli è alto un metro e cinquantacinque, una statura che oggettivamente è inferiore alla media. Per un periodo ha sofferto di questa sua caratteristica, vergognandosene e credendo che solo con dieci o venti centimetri in più avrebbe potuto condurre una vita piacevole. Con il tempo, anche grazie alla psicologia adleriana, ha compreso che il suo senso di inferiorità era soggettivo, scaturito interamente dal paragone con gli altri: infatti, se non ci fosse stato nessuno cui paragonarsi, non avrebbe avuto motivo di considerarsi basso. Inoltre, un uomo forte e robusto avrebbe potuto intimidire, mentre essendo lui piccoletto, induceva le persone a mettere da parte ogni tipo di diffidenza, cosa che era un vantaggio sia per lui sia per coloro che lo circondavano. Ad oggi ha compreso che il problema nella sua altezza non era costituito dai centimetri, ma dal significato che gli attribuiva, al valore che gli dava.
“Non possiamo modificare i fatti oggettivi, ma le interpretazioni soggettive sì. E fortunatamente viviamo in un mondo soggettivo.”

RINUNCIA AL DESIDERIO DI APPROVAZIONE
Dal punto di vista della psicologia adleriana ciascuno di noi ha dei compiti ben precisi da rispettare e non violare. I problemi legati alle relazioni interpersonali sono dovuti dal fatto che interferiamo con i compiti degli altri o permettiamo loro di interferire con i nostri. Per stabilire di chi sia un compito basta chiedersi chi sia effettivamente il destinatario del risultato prodotto dalla scelta fatta. Di conseguenza, non voler essere disapprovato è compito tuo, ma se tal dei tali ti disapprova oppure no è compito suo. Comportarsi in modo da non essere disapprovati da nessuno significa rinunciare alla propria libertà: solo evitando di dare peso al giudizio altrui, non temendo di essere disapprovato o di pagare il prezzo di un’eventuale disapprovazione, puoi vivere autenticamente.
Se non vivi la tua vita per te stesso, chi la vivrà al posto tuo? Il profondo desiderio di approvazione sfocia in una vita passata a seguire le aspettative di chi vuole che tu sia un certo tipo di persona, gettando via il tuo vero io e vivendo la vita altrui.
“Il coraggio di essere felici sottintende anche il coraggio di essere disapprovati. Quando conquisti quel coraggio, le tue relazioni interpersonali si alleggeriscono all’istante.”

COME ESSERE FELICE
Per un essere umano, l’infelicità più grande è l’incapacità di piacersi. La soluzione della psicologia adleriana a questo problema è molto semplice: l’individuo comprende quanto vale, e quindi acquisisce il coraggio di piacersi, quando ha la sensazione di essere vantaggioso per la comunità. Invece di sentirsi giudicato buono da un’altra persona, ha la sensazione, dal suo punto di vista soggettivo, di poter dare un contributo agli altri, sia sul piano delle azioni, sia sul piano dell’essere. Se provi davvero un senso di contributo, non hai bisogno dell’approvazione altrui, perché hai già la vera consapevolezza di essere utile a qualcuno.
“Dunque la vita in generale non ha alcun senso, ma puoi attribuirne uno alla tua, e sei l’unico a poterlo fare”.

Giorgia Lorenzin III°Ce

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