Il 24 marzo 1944 uno dei più oscuri capitoli della storia italiana si consumava con l’Eccidio delle Fosse Ardeatine, un brutale atto vendicativo perpetrato dalle truppe naziste in risposta all’attentato partigiano avvenuto il giorno precedente per mano di un Gruppo di Azione Patriottica.

La Strage di Via Rasella rappresentò l’evento scatenante che condusse alla tragica rappresaglia ove persero la vita 335 civili e prigionieri politici rastrellati dall’esercito occupante. Dopo una lunga ed accurata pianificazione, nel pomeriggio del 23 marzo un’unità di partigiani innescò un ingente quantitativo di materiale detonante astutamente collocato all’interno di un carrello della nettezza urbana, con l’intento di attentare alla camionetta del Polizeiregiment “Bozen”, reparto di polizia militare tedesca in transito a Roma.

Grazie all’impiego ulteriore di diverse bombe a mano ed alla presenza di barre in ferro che a seguito dell’esplosione divennero schegge micidiali, il commando antifascista causò la morte di 33 soldati nazisti e 3 civili di passaggio in Via Rasella, congiuntamente a 64 feriti.

L’Eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto l’indomani come atto di rivalsa, costituisce l’evento-simbolo dell’occupazione nazista di Roma, nonché la maggiore strage di ebrei compiuta in Italia nel Ventennio: basti pensare che almeno 75 delle vittime erano detenute per motivazioni razziali. Le rimanenti vennero individuate tra i prigionieri politici, già definiti dalle autorità italiane quali “noti comunisti”, e tra i civili sommariamente rastrellati in Via Rasella immediatamente dopo l’accaduto.

Il luogo dell’eccidio venne accuratamente selezionato dai vertici militari tedeschi, i quali decisero di perpetrare uno dei più tragici massacri presso le antiche cave di pozzolana (materiale di origine vulcanica) lungo la via Ardeatina, al fine di occultare senza difficoltà i cadaveri e di posticiparne il ritrovamento da parte delle truppe alleate.

Oggi, nonostante gli 80 anni esatti di distanza che ci separano da queste pagine buie della storia italiana, la memoria di tali atrocità rimane viva nella coscienza collettiva; la commemorazione delle brutalità commesse nel corso del secondo conflitto mondiale è necessaria non solo per rendere omaggio alle vittime, ricordando il loro sacrificio, ma soprattutto per riflettere sulle implicazioni storiche di questi eventi e sull’imperativo del non dimenticare.

In un’epoca in cui i conflitti sono ritornati all’ordine del giorno in diverse aree del pianeta, l’80° anniversario delle Fosse Ardeatine e della Strage di Via Rasella ci ricorda, come sottolineato in primis dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’urgenza di perseguire ideali di pace e solidarietà al fine di scongiurare il reiterarsi di eventi di tale portata.

Messaggi simili sono pervenuti anche dai Presidenti di Camera e Senato, in particolare da Ignazio La Russa, il quale ha definito la rappresaglia nazista un “orrore”, sottolineando come sia un dovere di ognuno custodirne la memoria e prendendo implicitamente le distanze dalla dichiarazione dello scorso anno, nella quale aveva scambiato i soldati del reggimento Bozen per “musicisti pensionati”, dando luogo a numerose critiche politiche da parte delle opposizioni.

Degno di nota è inoltre il comunicato del primo ministro Meloni, che ha definito l’eccidio ardeatino come “una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale”.

Non sono tuttavia mancate le consuete polemiche provenienti dalle forze di opposizione e dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (ANPI), che hanno più volte ribadito come la maggioranza sia solita omettere le responsabilità dei fascisti nei fatti del marzo 1944.

Christian Monti, III^BE

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