Se fossi un’esperta d’arte, in questo articolo parlerei della configurazione della mostra di Monet al Palazzo Reale di Milano, della struttura logica e del percorso cronologico secondo cui sono poste le opere, e mi soffermerei ad analizzare i dipinti più importanti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, eppure un’esperta non sono, e mi limito dunque a scrivere nei panni di un’umile spettatrice.  

Sette sale, 53 opere e un unico artista: Monet. La mostra diventa occasione per scoprire l’artista attraverso alcune delle sue opere più celebri – tra cui “Le rose”, l’ultimo suo lavoro che chiude l’esposizione, portandosi via una gioiosa malinconia e un peso al cuore – ma anche alcuni pezzi non del tutto scontati come “il ponte giapponese” 1918-1924.  

Da amante di Monet, ricordo la mostra al Palazzo Reale come un percorso tra maestose tele e piccoli quadretti parimenti in grado di far emozionare le persone; ogni opera racconta una parte della vita dell’artista: i viaggi a Londra, la casa di Giverny, le passeggiate ad Argenteuil e a Trouville; insomma, ci si trova a stretto contatto con opere personali, private, che lo stesso Monet considera tanto fondamentali da custodirle proprio nella sua abitazione a Giverny.  

La cosa che più mi ha emozionata, dopo i dipinti, è stata la gente: credo di non aver mai provato tanto amore per degli sconosciuti che insieme a me si fermavano davanti alle opere e leggevano ogni singola parola della descrizione, osservando da vicino le pennellate in rilievo sulla tela, che si allontanavano e avvicinavano lentamente per vedere come l’immagine diveniva più nitida da una certa distanza. Ho amato quelle persone che non sentivano la necessità di fotografare ogni opera, che invece scrivevano su dei quaderni o rimanevano seduti davanti alle Ninfee fino a immortalare anche l’ultima goccia di pittura nella loro anima; perché è questo ciò che fa l’arte: ti scava nell’anima, pizzicando le corde di emozioni nascoste, fino a farti piangere di fronte ad un “semplice” disegno. Per me l’arte è emozione: quella che provi salendo le scale di Palazzo Reale mentre guardi il soffitto, le scale e ti chiedi chi mai abbia potuto creare tanta bellezza, chi mai abbia salito quelle scale, prima di te; quando ti ritrovi sola fra gli immensi arazzi delle sale che precedono la biglietteria e non sai se fermarti lì ancora qualche secondo o entrare alla mostra, perché è tutto talmente magico che fermare il momento non avrebbe senso. 

Dunque, cari lettori, se mai decideste di visitare la mostra, prestate attenzione a quegli attimi, ai momenti che vi separano tra un dipinto e l’altro, perché più si prosegue, più diventa difficile abbandonare ciò che si stava guardando, ma vi assicuro che ogni opera suscita uno stupore differente e non sarete mai stanchi. L’unica cosa che vi raccomando è di immergervi totalmente, assorbire ogni colore, dimenticarvi del tempo e lasciare spazio alle vostre emozioni per scoprire, magari, qualcosa che non pensavate di provare.  

L’arte è come l’amore: inaspettata ma travolgente.  

Sofia Summa 4ac                   

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