Già da parecchi anni i computer e gli apparecchi elettronici sono entrati nelle nostre case apportando modifiche nel nostro stile di vita. Pensiamo, ad esempio, alla cottura a microonde e di conseguenza all’aumento di alimenti surgelati, di cui facciamo uso sempre più frequentemente: un esempio non casuale che serve ad evidenziare quanto un cambiamento ne inneschi un altro, una sorta di “effetto domino” che trasforma le nostre abitudini. Tuttavia, l’effetto domino è maggiormente soggetto alla gravità, piuttosto che al nostro controllo. Ciò su cui si stanno interrogando gli esperti è proprio la mancanza di consapevolezza nell’affidare ogni nostra azione a un assistente…virtuale? Nel momento in cui deleghiamo un compito a un esterno, stiamo riconoscendo la nostra incapacità di affrontare quel problema e, allo stesso tempo, la superiorità dell’altro. Mentre in un rapporto uomo-uomo il confronto è diretto, nel rapporto uomo-intelligenza artificiale una delle due parti sarà sempre sottomessa all’altra: l’algoritmo decide. Prendiamo in esame il caso “Alexa”, l’assistente vocale creato da Amazon. Esso può essere collegato a tutti gli ambienti della casa, dalle luci, alle tapparelle, persino agli impianti più complessi, come quello di cottura o quello di areazione. Basta esprimere la formula magica: “Alexa, alza la musica” e in pochi secondi il vicino sarà fuori dalla nostra porta con lo sguardo aggressivo di chi non riesce a dormire. Il nostro assistente personale è sempre in nostro ascolto e accorrerà subito in nostro aiuto. Sottolineo le parole “personale” e “sempre”. Quante volte ci è capitato di trovare negli acquisti consigliati “proprio ciò a cui stavo pensando”. I nostri bisogni sono soddisfatti in un campo sempre più intimo e ristretto: così le home dei nostri profili social rispecchiano esattamente ciò che siamo, ciò che pensiamo e quando ci capita qualcosa di diverso il risultato è una valanga di commenti-insulto. L’algoritmo atrofizza i nostri cervelli  imprigionandoli in schemi sempre più unici e omologati. Pensiamo e facciamo sempre le stesse cose. Siamo ogni giorno più distanti dal toccare con mano le nostre sfide, al guardare per ore un camino che cambia, sentire il crepitio del suo fuoco e il suo tepore. Ogni giorno dicendo: “Ehi Siri” scegliamo di rinnegare la nostra autonomia, la nostra libertà, i nostri sensi. Sono convinta che la tecnologia sia una grande e utile innovazione, ma non quando sovrasta l’essere umano. Abbiamo continuamente paura di noi stessi, di

scoprire di non essere in grado di fare qualcosa. Perciò abbiamo deciso di smettere di provarci e di chiedere direttamente a qualcun altro -sempre che si possa chiamare “qualcuno”-.

Forse il continuo affidamento alla domotica nasconde una mancanza di fiducia nei confronti dell’uomo?

Benvenuti nel Medioevo! Rebecca Guzzetti

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