Un leggero vento dalla provenienza ignota cullò il mio viso per un nanosecondo quando oltrepassai le tendine viola scuro che separavano il negozio dal retrobottega, ma Ezra non lo sentì, lo capii dal suo sguardo assente.

Il retrobottega era straordinariamente piccolo: si trattava di una stanzetta circolare le cui pareti di pietra erano sormontate da scaffali impressi nei muri, sui quali erano posate solo ed esclusivamente sfere di cristallo, ciascuna di un colore diverso. In quello centrale, vi era la più grande, di un bianco brillante dai riflessi celesti, la quale ammaliò la mia vista.

Sybil la afferrò delicatamente e poi ci invitò a sederci al tavolo altrettanto circolare situato al centro della sala, appoggiò la sfera sopra esso, davanti a lei, e poi, quando ci fummo accomodati, cominciò con le domande: «Allora ragazzi, cosa vi porta qui?»

Io ed Ezra ci scambiammo un’occhiata fugace, poi, per fortuna, rispose lui: «L’ho condotta io qui,» disse indicandomi «ho pensato le potesse essere utile».

Sybil gli fece l’occhiolino: «E hai fatto benissimo mio caro. Dunque,» e si voltò verso di me «vuoi raccontarci come hai trovato quel medaglione?».

Aggrottai la fronte e la fissai senza parole: come aveva fatto a notarlo?

«Certo… ehm…» accennai, senza in realtà sapere da dove cominciare.

«I tuoi ricordi sono molto vaghi, vero?» mi chiese.

«Sì, esatto. Mi pare di averla trovata in un bosco… era molto buio… »

«E come ci sei arrivata in quel bosco?»

Un’ondata di perplessità mi percorse; tentai di attraversare ogni corridoio della mia memoria, fino a quando cominciò a parlare il mio inconscio: «Io non ricordo… credo di essermici persa…»

E la sua sfera si accese all’improvviso, illuminando l’intera stanza, e per un attimo nessuno riuscì a vedere più niente.

Quando si spense, Ezra esclamò: «Ma che diavolo è stato!»

«Non farle perdere la concentrazione!» lo rimproverò Sybil «Lilith, cos’altro vedi?»

Mi sentivo sotto pressione, ero bloccata, smarrita: qualsiasi cosa stesse per venire a galla negli istanti precedenti era ormai svanita.

E poi Sybil, Ezra, la sfera, il tavolo e tutto ciò che mi circondava si dissolse progressivamente e mi ritrovai di nuovo in quel bosco. Tre animali mi accerchiavano, non potevo muovermi. Tre animali…

«Lilith! Svegliati!»

La voce di Ezra mi rimbombò nella testa, nonostante le mie orecchie fischiassero.

Ezra e Sybil mi aiutarono ad alzarmi dal pavimento, spiegandomi che avevano avuto occasione di assistere alla mia visione tramite la sfera di cristallo e che, una volta terminata, ero caduta a terra.

Sybil mi porse un bicchiere d’acqua, che finii in un solo sorso, poi proseguì con l’interrogatorio:

«Allora, tre animali in un bosco, no? Sei riuscita a distinguerli?»

Agrottai la fronte e cercai di ripercorrere la mia visione: «Ehm… forse. Uno aveva la criniera, perciò si trattava certamente di un leone. Un’altro mi pareva somigliasse a una lupa. E il terzo…»

Sul volto della fattucchiera si formò un sorriso sinistro quando terminò la mia frase: «Una lonza»

No, era impossibile. Dovevo essere pazza. La Divina Commedia è solo un libro nato dall’immaginazione di un uomo infatuato e dotato di un grande intelletto.

Non poteva corrispondere alla realtà, mi rifiutavo categoricamente di crederlo.

«Perciò,» dissi «lei insinua che il bosco in cui mi sono persa da piccola fosse la selva oscura di Dante?»

Annuì: «Dante non trovò forse la selva allo stesso modo?»

Risi di gusto prima di rispondere: «Quale assurdità! Ezra andiamocene, questa donna è solo una ciarlatana» e feci per alzarmi, ma lui, ancora una volta, mi bloccò afferrandomi per il braccio.

«Non penso sia una ciarlatana, Lilith. Ti ricordo che abbiamo letteralmente visto la tua visione in quella sfera.» disse indicandola «Prova ad ascoltarla, magari dice il vero»

E così mi risedetti, rimanendo in silenzio e in attesa che fosse lei a rompere il ghiaccio.

«Appena sei entrata nel mio negozio, ho fiutato immediatamente il demone che alberga nel tuo soma,» constatò «e credo che tu non sappia abbastanza del mondo da cui provieni. Perciò, ti narrerò la storia dei demoni: anni fa, demoni insoddisfatti della loro vita infera decisero di assumere delle sembianze umane e di vivere sulla Terra, con i mortali. E di accoppiarsi con loro»

Dopo una lunga pausa, che produsse un’ansiosa quiete, riprese: «Da quel momento in poi ogni cinque generazioni, a causa del loro capriccio, nasce una creatura mezza demone e mezza umana e ciascuna di queste è destinata a smarrirsi nella selva oscura e trovare la chiave che apre le porte dell’Aldilà, in modo che, al momento prestabilito, possano fare ritorno nel regno del peccato»

«Mi dispiace, ma temo di non avere alcuna chiave» obiettai sollevando un sopracciglio.

«Ed è qui che ti sbagli, mia cara. Ce l’hai eccome ed è appesa al tuo collo»

Abbassai lo sguardo e fissai il medaglione esterrefatta, poi rivolsi la mia attenzione di nuovo a lei. Dopo averla fulminata con lo sguardo, mi alzai bruscamente dalla sedia e uscii dal retrobottega. Ezra mi corse dietro.

Quando varcai la porta che conduceva all’esterno, Sybil si affacciò sulla strada e blaterò qualcosa sull’equilibrio dei mondi e su una convocazione che, sinceramente, non mi sforzai nemmeno di capire.

Ezra tentò di dissuadermi dal mio tentativo di fuga, senza successo, siccome continuai a camminare imperterrita: «Aspetta! Lilith!» gridò.

«La prossima volta che deciderai di portarmi da qualche parte, mi assicurerò di sapere ogni cosa» e pronunciai con particolare enfasi queste ultime due parole «sul luogo in questione».

Non mi azzardai nemmeno a girarmi verso di lui quando gli risposi: non ero stata certamente io a chiedergli di seguirmi e soprattutto non ero stata io a decidere di recarmi da una truffatrice fuori di testa per sapere delle cose che non stanno né in cielo né in terra.

Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Volevo urlare, nient’altro, e credo di averlo fatto dato che, voltando il capo per esasperazione, mi accorsi che Ezra si stava tappando le orecchie con i palmi delle sue mani.

«Ma che ti prende!» esclamò.

«Che mi prende?» gridai «Una pazza mi ha appena detto di essere un demone! Volevo ricevere risposte, non sentirmi dire delle assurdità!»

«Stavo solo cercando di aiutarti…»

«Beh, non mi sei stato per niente d’aiuto. Va’ a casa, voglio stare sola»

Udii il terreno sottostante ai suoi piedi scricchiolare e poi cessare: si era fermato.

«Ehm, dove siamo?» mi chiese.

Evidentemente nessuno dei due si era accorto che il paesaggio era mutato: la strada, il marciapiede e gli edifici si erano trasformati in un bosco buio, dall’atmosfera terribilmente inquietante e con alberi dalle foglie d’un verde scuro misto al grigio.

«Io sono…» borbottai.

«Già stata qui» terminò Ezra.

Ed era così: ci trovavamo nella selva oscura.

«Non è possibile» dissi.

«Eppure siamo qui»

«No, no, no!» sbottai portandomi le mani alla testa «Come ci siamo finiti qui? Perché siamo qui?»

«Allora non hai ascoltato Sybil» mi rimproverò «La selva oscura appare ai demoni quando giunge per loro il momento di fare ritorno nell’altro mondo»

Poi mi fissò a lungo, come se si aspettasse una qualche reazione da parte mia.

«Avanti, cerchiamo l’entrata» disse, quasi fosse una cosa scontata.

Lui iniziò semplicemente a camminare, oltrepassandomi, mentre io osservai gli alberi e mi avvicinai a ognuno di essi per poterli esaminare, non che stessi realmente cercando qualcosa: a un certo punto osservai che su un tronco era inciso un disegno, ma non riuscii a distinguerne la forma.

«Ezra!» lo chiamai.

Corse da me e cercò di pulire l’incisione con il pollice: «Sembra un leone»

A quel punto ebbi un’illuminazione, come se delle memorie si fossero riattivate, e mi diressi verso l’albero posizionato esattamente davanti a quello che avevamo appena analizzato e, come mi aspettavo, vi ritrovai incisa una lupa.

Non fu difficile trovare il terzo albero, era letteralmente il vertice del triangolo.

«Una lonza» disse Ezra dopo aver compreso il mio ragionamento.

Al centro del triangolo, vi era una roccia contrassegnata da una cavità, raffigurante lo stesso teschio e gli stessi simboli che ornavano il mio medaglione: mi chinai lentamente e ve lo posai sopra.

Si incastrò alla perfezione.

«Sono scritte, quelle sul medaglione» affermai.

«Ti riferisci ai segni?» domandò Ezra. Annuii: «Riesco a capirle»

Detto questo, pronunciai le parole riportate in lingua demoniaca e la roccia si spaccò in due, producendo un rumore assordante che fece librare gli uccelli nascosti tra i rami nell’aria.

Dopodiché, le due estremità si sollevarono e una parte di terreno si abbassò, facendo tremare il suolo e rivelando una scalinata che conduceva nei meandri del sottosuolo, un luogo tenebroso che ero destinata a raggiungere. Le scale erano buie e piene di topi, proprio come nelle mie visioni.

«Lilith…» borbottò Ezra tremolante dopo aver spostato il suo sguardo dal terreno a me «che cosa c’è scritto sul medaglione?»

Emisi un ghigno: «Se ci pensi bene, è così evidente»

Un’ondata di perplessità lo pervase, ma gli diedi il beneficio di una risposta solo quando la terra smise di tremare: «Lasciate ogni speranza voi che entrate»

Angelica Alfieri, 3 CS

Copertina a cura di Asia Balpasso, 3 BS

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