Questa mattina nella mia classe si è svolta la prima assemblea dell’anno e, contrariamente a quanto la maggior parte delle persone potrebbe immaginare, ci sono stati (anche) momenti costruttivi.  

Tra le tematiche affrontate, oltre le più “classiche”, è stato intavolato un discorso che subito ha catturato la mia intenzione (distaccandomi perfino dall’eccellente torta carrefour che stavo gustando in compagnia durante quella che poteva sembrare un’allegra scampagnata scolastica; nego ovviamente che qualcosa del genere sia mai successa) e che si potrebbe titolare così: 

“Scuola, gioco di squadra o individuale?”. 

Ebbene, le argomentazioni a favore della tesi individualista sono piuttosto ovvie, forse banali addirittura, ma decisamente veritiere e assolutamente inconfutabili (almeno ad un primo sguardo). È innegabile, infatti, che quello che prima di tutto (bene o male che sia) la scuola e la società ci chiedono siano i voti, i risultati e quindi, siccome questi sono singolari ed individuali, ne consegue che la scuola effettivamente dev’essere “affar proprio” del singolo studente, perché nessuno studia per noi e nessuno può far sì che la scuola, le verifiche o gli esami siano creati ad hoc per ogni singolo studente con tanto buon cuore e compassione. 

Ma consideriamo adesso, per assurdo, che la scuola diventi all’improvviso individualista alla massima potenza. Cosa succederebbe? Cosa succederebbe se eliminassimo le classi, e quindi i rappresentanti, il consiglio studentesco, se rimovessimo le assemblee e lo sportello psicologico e magari pure questa redazione? Semplice: non sarebbe più una scuola. Sì, perché non saremmo più studenti ma numeri, non più umani ma automi; e la scuola, prima di tutto, è fatta di persone. 

Di studenti, insegnanti, amici e compagni. 

E senza questo, senza l’umano che c’è in noi ed in quello che facciamo, senza l’emozione, la passione, senza le risate e le lacrime, senza le imprecazioni per le insufficienze e gli esulti per le vittorie, allora ne risulterebbe nulla più che una fabbrica messa in moto da macchine al fine di creare altre macchine e così avanti in questa “kafkianesque”. 

Ecco qua il risultato delle mie ultime elucubrazioni (o forse di un trip da torta, a voi la scelta). Ditemi ora, voi, le Persone, perdonatomi il neologismo di prima, la vostra opinione. 

Armando Folli IIIAC 

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