1. Prima di tutto chi è Andrea Ardito e come si definirebbe? 
Innanzitutto vi saluto e vi ringrazio per l’invito; Andrea Ardito è un ragazzo normalissimo che ha avuto la fortuna di realizzare il suo sogno, e non è da tutti sognare qualcosa e riuscire a raggiungerlo. Questo sogno l’ho realizzato con tante tappe e partendo dal basso, perché ho iniziato come dilettante, dunque solo ogni due o tre anni riuscivo piano piano a scalare le tappe nella categoria dei professionisti fino ad arrivare poi alla serie A; è stato un percorso lungo e difficile, ma che mi ha reso molto orgoglioso. 
2. A questo punto vorremmo chiederle com’è entrato nel mondo del calcio, e soprattutto come ha raggiunto i livelli più alti. 
La mia famiglia è appassionata di motori e di ciclismo. Ma pur non avendo mai seguito quegli ambiti sportivi, i miei genitori mi hanno sempre lasciato molta libertà nelle mie scelte, dunque per me fu semplice far prevalere il calcio.  
Ho iniziato a seguirlo da piccolo, e a quei tempi il Pisa, squadra della mia città, era in serie A.  Ho vissuto forse gli anni più belli della storia calcistica pisana; questo è stato l’inizio del mio amore per questo sport. 
Preciso che ho intrapreso e proseguito la carriera da calciatore parallelamente allo studio, prima 
geometra alle superiori e poi giurisprudenza all’università. 
Penso che se ami il calcio e dai il massimo, tappa dopo tappa, anno dopo anno arrivi ai vertici, e questo è ciò che per mia fortuna, ma anche per mia bravura mi ha portato alla massima serie calcistica. 
3. A proposito di questo ci viene naturale chiederle come facesse a conciliare studio e sport. 
Come in tutte le cose la base è la voglia, la voglia di fare qualcosa e di voler raggiungere un obbiettivo che, a mio avviso, ha avuto un’importanza primaria nella mia crescita durante il periodo degli studi. 
Ai tempi dell’università, nonostante il mio impegno da calciatore, ho voluto proseguire con giurisprudenza per avere almeno una possibilità di scelta nel caso in cui non fosse andata bene col calcio. 
Fortunatamente questo sport ti concede tempo, perché allenandoti due o tre ore al giorno riesci a tenerti dei momenti liberi; anche le trasferte ti danno la possibilità di studiare, in particolare durante gli spostamenti in aereo o in pullman, e questo per me è stato importante perché il momento di studio eliminava la pressione. 
4. Se posso chiedere, come mai è passato da geometra a giurisprudenza? 
Banalmente geometra per una scelta opportunistica visto che volevo arrivare alla fine della scuola con qualcosa in mano, senza dover per forza intraprendere l’università; poi mi sono reso conto che poteva essere una buona idea fare giurisprudenza, soprattutto perché ho una buona memoria visiva e riesco bene a conciliare vari impegni come sport e studio. 
5. Come mai, ad esempio, non ha scelto scienze motorie? 
A quei tempi non c’era molta scelta, gli indirizzi erano davvero pochi, quindi è stata una decisione 
abbastanza obbligata. 
6. Adesso vorremmo chiederle com’è stata la sua esperienza in serie A. 
È stata un’esperienza meravigliosa, il coronamento di un sogno, che era stato quasi spezzato quando il Como ha scelto di non tenermi finito il campionato; è stata sicuramente una mazzata, ma in questi casi secondo me hai due vie: quella di abbatterti e quella di rimboccarti le maniche e riprovarci.  
Io ci ho riprovato, infatti l’anno successivo sono andato al Siena, e quello stesso anno abbiamo vinto il campionato raggiungendo la serie A. 
Sfortunatamente la vita a volte ti pone davanti a delle disavventure, infatti durante il mio primo anno di serie A, dopo sole dieci partite ho avuto un infortunio al ginocchio che mi ha obbligato a fermarmi per molto tempo.  
L’anno successivo, dopo il mio ritorno in campo, ho avuto un ulteriore infortunio al ginocchio, e questo ha segnato un po’ un periodo negativo della mia esperienza calcistica. 
L’anno dopo sono entrato nei ranghi del Torino, che in quel momento era in serie B, e abbiamo subito vinto un campionato, entrando nuovamente nella serie calcistica più alta. 
È stato un percorso tortuoso e difficile ma estremamente bello. 
7. Ora ci viene spontaneo chiederle in quale squadra si è trovato meglio, sia dal punto di vista 
lavorativo che dal punto di vista umano. 
Ho avuto la fortuna di giocare in squadre che mi hanno sempre fatto vincere dei campionati, quindi faccio fatica a sceglierne una sola in particolare. 
Sicuramente il Como è stato importante per me, perché è la squadra nella quale ho militato per più anni, dove ho conosciuto mia moglie e nella quale tra l’altro ho sia esordito che concluso la mia carriera. 
8. Quando un giocatore di serie A arriva a fine carriera è facilitato nel trovare un lavoro che sia in ambito calcistico o in un altro ambito?  
Sicuramente è un qualcosa che ti aiuta, ma devi comunque dimostrare di saper fare il tuo, di avere le competenze e di saperle trasmettere. 
È bello sapere che esiste ancora la meritocrazia. 
Diciamo che come in tutte le cose ci sono ambienti dove la meritocrazia c’è, tanti altri dove purtroppo non esiste; questo sfortunatamente avviene spesso nello sport. 
9. Come si rapportava con i suoi fan? 
Ho sempre cercato di essere disponibile con i miei tifosi, soprattutto perché quando ero bambino tutte le volte che facevo una foto con un calciatore era un sogno, quindi non ho mai voluto negare tutto questo ai fan. 
10. Se si può chiedere, qual è la sua squadra del cuore? 
A Pisa ovviamente tifavamo la nostra squadra, tuttavia da ragazzo simpatizzavo per la Roma; l’ironia della sorte vuole che uno dei due infortuni gravi l’ho avuto subito proprio giocando contro quest’ultima. 
11. Riteniamo importante chiederle se preferisce allenare o giocare. 
Sono due mondi completamente diversi, perché il calciatore pensa al calcio da quando entra in campo a quando esce, mentre l’allenatore non stacca mai. Quando hai la responsabilità di una squadra devi costantemente pensare ad essa. Io personalmente amo entrambe le facce di questo sport. 
12. Com’è essere il capitano di una squadra? 
È un onore e una grande responsabilità, perché devi stare attento a qualsiasi aspetto e particolare della squadra, come ad esempio integrare i nuovi giocatori.  

Una squadra sportiva unisce è unita dalla condivisione di un obbiettivo comune, che magari a volte viene sviato da obbiettivi personali come può essere fare goal per un attaccante, quindi sicuramente quello del capitano non è un compito semplice. 
13. Cosa ne pensa del calcio femminile, ritiene che abbia il suo giusto spazio sulla scena o che 
dovrebbe risaltare di più? 
Penso che negli ultimi anni si stia sviluppando molto il calcio femminile, perché prima era più secondario, mentre adesso sta diventando a tutti gli effetti uno sport professionistico. 
Questo ha molta importanza dal punto di vista dell’appeal e soprattutto dal punto di vista dei diritti delle calciatrici. 
In questi ultimi anni Sky sta dando molto spazio al calcio femminile, e molte società come Juventus, Milan, Inter, Fiorentina e via dicendo hanno una loro squadra femminile. 
Ovviamente quando si parte da un po’ più in basso ci sono tanti piccoli passi da percorrere per arrivare al vertice, però diciamo che il calcio femminile sta affrontando molto bene questi step. 
14. Forse sarebbe stato meglio chiederglielo prima, comunque volevamo sapere com’è stato il passaggio da una società a un’altra di livello maggiore? 
Sia da giocatore che da allenatore ho sempre pensato di essere nella squadra o nella società più 
importante, che essa sia in serie A, B o C poco importa. Probabilmente il fatto di crescere di categoria piano piano ha fatto sì che qualunque esperienza sia stata importante, che qualsiasi squadra mi abbia lasciato qualcosa. 
15. Sappiamo che ha avuto diversi numeri di maglia, in particolare il 21, il 22 e il 23. Ci spieghi il loro significato. 
Il 22 era un numero importante per me e mia moglie, quindi il primo anno al Como ho scelto il 22 che tra l’altro mi ha portato fortuna; stessa cosa ho fatto l’anno dopo al Siena. 
Passato successivamente al Torino, dopo i due infortuni ho deciso di cambiare scegliendo il 23, che è vicino al 22 e inoltre per noi pisani è il numero fortunato.  
Successivamente quando sono passato al Lecce il 22 e il 23 erano già occupati, quindi sono stato obbligato a prendere il 21. 
Siccome sono un nostalgico del calcio dei vecchi tempi penso che tornando indietro avrei scelto numeri come il 4 o l’8. 
16. Come concilia la fama con la vita privata? 
Come ho detto prima sono sempre stato un ragazzo abbastanza semplice, senza la presunzione di essere diverso o migliore degli altri. Sono molto attaccato ai valori della vita, che funzionano in qualsiasi ambiente e circostanza e con chiunque, e penso che in questo il calcio come sport di squadra abbia giocato un valore importante. 
17. Cosa consiglierebbe ai nostri studenti atleti in base alla sua esperienza? 
Consiglio di seguire il proprio sport con grande passione, ma senza dimenticare che in questo momento la scuola ha la stessa importanza; io penso che ognuno di noi debba mettere tutto sé stesso in ciò che fa e che decide di fare. 
18. Se non avesse giocato a calcio quale sport avrebbe scelto? 
Probabilmente avrei fatto tante altre esperienze sportive, però se dovessi scegliere uno sport in 
particolare penso che la mia decisione ricadrebbe sul tennis, che mi piace molto anche se un po’ meno del calcio. 
19. Siamo arrivati all’ultima domanda prima di quella di chiusura, e vorremmo chiederle cosa 
il calcio significasse per lei. 
Il calcio per me è una scuola che ti insegna il rispetto delle regole, il valore del sacrificio, la 
condivisione e lo stare con gli altri. Tutto questo si riflette nella vita di tutti i giorni, e penso che la cosa bella del calcio sia proprio l’insieme di insegnamenti che ti dà per affrontare queste tematiche. 
20. L’ultimissimo punto invece consiste in una domanda a cui le piace rispondere ma che non le abbiamo fatto. 
Se non aveste fatto quest’ultima domanda sul significato del calcio ne avrei sicuramente parlato, perché dietro alla faccia più visibile e bella di questo sport ci sono sacrifici enormi e tante fatiche. Il calcio non è solo serie A e ultra stipendi, e questa cosa è difficile da capire se non sei dentro al mondo del calcio. 

 
Riccardo Nivini 4cl 

Camilla La Russa 4bs 

Grazie di cuore Andrea!

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