Questo Natale non sarà bianco, ma rosso, arancione e giallo. Più colorato dei natali precedenti.
Oltre ai colori, possiamo trovare altre differenze tra il natale del 2020 e quelli passati: per esempio, le cene e i pranzi natalizi saranno più intimi, ma, nonostante ciò, sappiamo già che i nonni prepareranno un banchetto talmente ricco di pietanze, che gli avanzi verranno conservati almeno fino a Pasqua.
Poi ci sono anche le decorazioni natalizie, che molti hanno tirato fuori dagli scatoloni già ad ottobre, probabilmente per combattere la noia provocata dal lockdown o semplicemente perché impazienti per l’arrivo del Natale.
Nei centri commerciali, la gente si accalca davanti ai negozi approfittando del Black Friday. Si possono scorgere esemplari di esseri umani, che, per riuscire a accaparrarsi l’ultimo modello di IPhone 11 scontato rimasto, spruzza il proprio igienizzante negli occhi del nemico, che cercava di sottrarglielo.
Sempre in questi luoghi di battaglia all’ultimo acquisto, rimbombano malinconiche le voci di Michael Bublé e Mariah Carey, che facevano da colonna sonora ai nostri Natali passati, ma che quest’anno serviranno per farci rammentare i tempi migliori.
Non sarà un Natale particolare solo per noi, ma anche e soprattutto per quelle persone considerate “fragili”, bisognose di maggiore tutela. Penso che ognuno di noi sentendo queste parole abbia immediatamente rivolto un pensiero a qualcuno che in questo momento non ha la possibilità di incontrare, abbracciare e con cui non può più trascorrere del tempo insieme con la stessa spensieratezza di qualche mese fa. In particolare penso a quelle persone, anziane e non, costrette all’interno delle strutture sanitarie come case di riposo da più di nove mesi.
Gli scorsi anni il Natale era un giorno di gioia, nel quale le pareti dei reparti prendevano vita, poiché decorate con ghirlande, nastri e striscioni, i corridoi si riempivano di parenti e amici, forieri d’affetto e felicità. In alcune strutture venivano persino allestiti dei veri e propri mercatini, nei quali erano esposti, per esempio, i risultati del lavoro a maglia o ad uncinetto dei pazienti capaci. Inoltre si svolgevano varie attività di intrattenimento: spesso venivano invitati ad esibirsi compagnie di ballerini e gruppi corali natalizi. C’erano momenti di condivisione e arricchimento personale, poiché era solito tra i più anziani, raccontare come si trascorreva il Natale ai loro tempi. Non mancavano nemmeno i volontari che intrattenevano tutti i presenti con particolari attività ludiche e non, di cui un esempio sono i tatuaggi con l’hennè.
Quest’anno, ovviamente, tutto questo non sarà possibile. Già da diversi mesi molti anziani hanno dovuto rinunciare alla gioia di tenere sulle gambe i propri nipotini, di ricevere e donare affetto ai propri cari attraverso un semplice bacio, o a quell’abbraccio che migliorava anche la peggiore delle giornate. Dopo ben 9 mesi di videochiamate, in cui un bacio lasciato sospeso nell’aria era il massimo del contatto a cui si poteva aspirare, alcune strutture hanno deciso di aprire le cosiddette “stanze degli abbracci”, uno dei migliori regali di Natale per migliaia di famiglie italiane. I parenti dei ricoverati vengono rivestiti da strati di plastica e gli viene concesso di stringere al petto il proprio caro padre, madre, nonno, fratello, nel tentativo di riprodurre, quanto più possibile, l’atmosfera d’amore e affetto tipica del Natale che noi tutti conosciamo.
Ancora non sappiamo cosa cambierà in futuro a causa di questa pandemia, io penso che l’unica cosa differente sarà l’abbraccio: sarà più sincero, puro e più caloroso di quelli che sino ad ora abbiamo dato poiché è frutto dell’attesa, del desiderio e della privazione.
Giorgia Lorenzin 1^CE e Francesca Angelillo 3^AL